Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge, elaborata in collaborazione con l'Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, parte dai dati contenuti nella relazione annuale al Parlamento del Ministro della salute che indica, per il 2005, rispetto al 2004, una riduzione del numero di interruzioni volontarie di gravidanza (IVG) del 6,2 per cento. Dal 1982, anno con il più alto numero di IVG segnalate, la riduzione è stata del 44,8 per cento. Se si considerano solo le donne con cittadinanza italiana la riduzione sale al 57,39 per cento, con una cifra attuale inferiore alle 100.000 IVG. Questo significa che oggi solo una donna su quattro avrà una aborto volontario nell'arco della sua vita riproduttiva, mentre agli inizi degli anni '80 il rapporto era di due donne su tre.
      L'aumento delle IVG tra le donne straniere è in relazione al rapido aumento del numero di donne immigrate in età feconda, le quali hanno complessivamente tassi di abortività e di natalità da due a quattro volte superiori a quelli delle donne italiane. Pur esistendo differenze significative tra le varie comunità, il tasso di abortività specifico non sembra essere in aumento, a testimonianza che il progressivo processo di integrazione tende a fare assumere alle donne straniere le caratteristiche riproduttive delle donne italiane. Questa osservazione non riguarda solo le donne provenienti dai Paesi dell'est, dove l'aborto è storicamente più diffuso, ma anche le donne che provengono da quei Paesi, africani, latini e asiatici dove l'aborto clandestino è molto più comune, nonostante i divieti legislativi. Per molte di

 

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queste donne, che tendono a rifiutare la contraccezione, l'aborto è un fattore culturale di limitazione delle nascite come lo era in Italia prima dell'entrata in vigore della legge 22 maggio 1978, n. 194. È prevedibile che la possibilità di avere l'aborto legale induca nelle donne immigrate gli stessi comportamenti virtuosi che hanno favorito la riduzione delle IVG tra le donne italiane, come conferma il fatto che, per tutte le comunità di stranieri residenti nel nostro Paese, il tasso di abortività è inferiore a quello del Paese di origine.
      Purtroppo, nonostante questi risultati storicamente positivi, la realtà italiana è caratterizzata dal persistere di alcuni elementi critici. Non solo si mantiene una quota di 20.000 aborti clandestini, circa il 15 per cento del totale, di cui il 90 per cento al sud, ma dalla metà degli anni novanta la curva di riduzione tende verso un plateau. La citata legge n. 194 del 1978 è applicata in modo parziale, contraddittorio e territorialmente disomogeneo. Ne sono esempi le diverse interpretazioni sull'aborto praticato dopo i novanta giorni, il cosiddetto «aborto terapeutico», i tempi di attesa, le difficoltà ad ottenere un aborto chirurgico precoce (entro i quarantanove giorni) e le resistenze all'introduzione dell'aborto medico con la pillola «RU486», sebbene la ricordata relazione annuale del Ministro della salute ne riferisca per la prima volta. Vi è poi il dato di un elevato livello di obiezione di coscienza, spesso strumentale, che in alcune regioni rischia di mettere a rischio l'erogazione del servizio, senza che la legge preveda un adeguato meccanismo di tutela.
      Per questi motivi, per proseguire nel solco positivo avviato dalla legalizzazione dell'aborto, occorre aggiornare la legge n. 194 del 1978, partendo dall'esperienza maturata e invertendo la propensione al disinteresse, che ha relegato le IVG ai margini dell'attenzione degli amministratori della sanità, benché sia stato il più diffuso intervento chirurgico femminile, superato soltanto recentemente dall'incremento dei tagli cesarei.
      Con le modifiche previste dalla presente proposta di legge si promuovono le attività di prevenzione, soprattutto quelle riferite alla prevenzione primaria, per garantire il «diritto alla procreazione cosciente e responsabile», proclamato nell'articolo 1. In particolare si tutela la contraccezione per le minori e viene abolita la ricetta per la contraccezione di emergenza che, come hanno documentato numerose inchieste giornalistiche, è fonte di inutili calvari per le donne che «incappano» nell'incidente di doverla richiedere.
      Si propone poi la soppressione delle norme relative ai minori per cui si richiede l'IGV previste dall'articolo 4 della legge n. 194 del 1978, un tipico esempio di «ipocrisia legislativa», dato che le motivazioni e la loro dimostrazione sono assolutamente irrilevanti ai fini di ottenere l'IVG stessa, mentre si pone un'attenzione particolare alle implicazioni psicologiche e sanitarie. È infatti dimostrato che l'informazione, la scelta del metodo, l'esecuzione precoce e un ambiente non giudicante sono fondamentali per ridurre il dolore. Nonostante la legge prescriva che l'intervento per l'interruzione della gravidanza debba essere praticato «immediatamente», in caso di certificazione di urgenza, e «alla scadenza dei sette giorni», in caso di procedura ordinaria, oggi trascorrono mediamente oltre ventuno giorni da quando la donna chiede il primo appuntamento e, in circa un quarto dei casi, addirittura un mese. Le procedure per l'IVG nei primi novanta giorni vengono meglio definite, stabilendo tempi certi nei confronti della struttura sanitaria che è tenuta ad effettuare l'intervento.
      Il limite di novanta giorni per l'IVG non viene modificato, anche se in altri Paesi europei esso è superiore, mentre sono meglio precisate le circostanze in cui è possibile procedere all'IVG oltre i novanta giorni a tutela della salute della madre e della qualità della vita del nascituro.
      L'obiezione di coscienza viene confermata, ma viene individuato un meccanismo di garanzia per l'applicazione delle previsioni della legge, con l'obbligo di
 

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avere almeno il 50 per cento di personale non obiettore. Al riguardo è opportuno osservare, come in nessuna legge sia prevista l'obiezione di coscienza per la diagnosi prenatale, che ha lo scopo di individuare gli embrioni ed i feti da avviare alle procedure abortive e che viene consigliata e praticata da molti medici che poi, comunque, dichiarano obiezione di coscienza sulle procedure abortive. Considerandolo giustamente un lavoro stressante, per le sue evidenti implicazioni etiche e psicologiche, viene pertanto riconosciuto il disagio per gli operatori impegnati negli interventi di IVG.
      Una particolare attenzione è rivolta alle minori in coerenza con la normativa che emancipa i maggiori di quattordici anni per quanto concerne i rapporti sessuali. La contraccezione diventa pienamente accessibile ai minori e in caso di richiesta di IVG è il medico che decide, sulla base di specifiche valutazioni professionali, se le circostanze suggeriscano di informare i genitori. Il consenso dei genitori, o l'assenso del giudice tutelare, rimane necessario per le minori di quattordici anni.
      Con la presente proposta di legge l'IVG potrà essere eseguita da medici anche in strutture private, autorizzate dalla regione, come accade per qualsiasi altro intervento sanitario.
      In sintesi, questa proposta di legge mantiene l'impianto della legge n. 194 del 1978, ma l'approvazione delle modifiche da essa introdotte permetterà di tutelare meglio la salute fisica e psichica della donna, proteggendola nel percorso decisionale, assicurando che l'IVG sia praticata nel modo più sicuro e rispettoso della scelta della donna e promuovendo la contraccezione.
 

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